Non neghiamo la legittimità delle posizioni espresse dagli attori in campo.
Ma non ci piace la contrapposizione, il muro contro muro, il ricatto e la precostituzione delle idee.
Non ci piace l’intransigenza.
Marchionne non può non tenere conto degli aspetti etici del cambiamento, non può non valutare che l’industria del terzo millennio necessita di condivisione delle idee e delle risorse. Non è più possibile chiedere sacrifici ai lavoratori senza dare in cambio una parte dell’eventuale risultato conseguito anche grazie al sacrificio degli operai.
Dall’altra la FIOM non può trincerarsi dietro il diritto inviolabile perchè acquisito senza accorgersi di stare nel mercato globale; senza voler fare i conti con il cambiamento radicale dell’industria. Perchè difendere cinque minuti di pausa o regole che premiano i fannulloni assenteisti abituali e non chiedere invece aumenti salariali automatici al raggiungimento dell’obiettivo?
Perchè non proporre nuovi modelli virtuosi di produttività alternativi al “Marchionne pensiero” e non la Sua demonizzazione.
Siamo come al solito al teatrino, al “deja vu” ed abbiamo l’impressione che come sempre dietro ci sia una grande e mai tramontata presa in giro.
Fabbrichiamo meglio le macchine, magari eletriche o alimentate ad idrogeno; lavoriamo di più pretendendo il riconoscimento economico del merito; rispettiamo i ruoli.
Forse la crisi finirà prima.
Lucio Molinari
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